martedì 10 luglio 2018

La giuria di John Grisham, mia recensione

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Un uomo muore per tumore ai polmoni dopo aver fumato due pacchetti di sigarette al giorno per trent'anni, e la moglie fa causa alla potentissima multinazionale del tabacco. Nel quasi paradossale processo in cui l'accusa è la parte debole e la difesa quella forte,
i ruoli si scambiano in continuazione soprattutto fuori dall'aula, dove nessuno lesina mezzi pur di aggiudicarsi il verdetto. Ma tutti devono fare i conti con Nicholas Easter, un giurato dal passato misterioso, e con la sua fedele compagna.

Il libro è del 1996 e si riconoscono il tratto e il mordente dell'ex-avvocato, nulla a che vedere con alcuni degli ultimi titoli che appartengono ormai alla sua post-produzione, quella dovuta a scadenza e troppo spesso poco ispirata. Non è certo la sua migliore storia ma è presente tutto ciò che lo ha fatto amare da milioni di lettori: personaggi e ambientazione caratteristici, architettura della trama, avvocati privi di scrupoli e milioni di dollari che circolano come fossero spiccioli.

Lasciano un po' perplessi certe consuetudini talmente irrispettose della legalità da apparire ingenui espedienti narrativi ma, a dire la verità, sono tratti caratteristici anche questi di John Grisham, e forse non sono così distanti dalla realtà. Se la corruzione esiste, ed esiste, in qualche modo deve essere perpetrata e l'inganno, specie quando vissuto da lettore, può apparire poco efficace.

Siamo lontani dalla perfezione de "Il rapporto Pelikan" e de "L'uomo della pioggia", che lessi in una notte, e dal finale mozzafiato de "Il partner", ma comunque nei pressi di quello de "Il socio". Un'ottima lettura di un Grisham d'annata.

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