Destinatario Sconosciuto



PROLOGO

L’uomo avanzò strisciando. Si sporse in avanti. Spinse la canna del fucile oltre le foglie, con movimenti lenti e accurati. Ora, da circa 25 metri, poteva vederlo bene. Pose la linea invisibile di occhio, mirino e tacca di mira appena sotto il cuore del bersaglio. Il bersaglio guardava oltre l’altra sponda del fiume, tranquillo, dalla sua posizione privilegiata vicino alla riva. L’uomo alzò il cane con delicatezza, curando di non fare il minimo rumore. Era appostato da due ore, conosceva il terreno. Senza girarsi, cercò l’appoggio migliore del piede sinistro, strisciandolo lateralmente di pochi centimetri. Appena sentì la consistenza desiderata, spinse la gamba indietro con maggior forza, per creare il treppiede umano necessario a dare stabilità al colpo. Era tutto pronto. “E’ finita”, pensò, rivolto al bersaglio, “hai ancora due secondi”. Iniziò la costante pressione dell’indice sul grilletto, come detta il manuale. D’improvviso, la terra sotto il tallone sinistro cedette; privo dell’efficace contrafforte, il superiore arto simmetrico ebbe un movimento scomposto. La canna si impennò di tre o quattro centimetri, che diventarono diversi metri sopra le testa del bersaglio. Il dito strappò sul congegno di scatto come non si dovrebbe mai fare, e il colpo deflagrò verso le nuvole sovrastanti.