IL GERSHWIN ORIGINALE


In questi anni ho fatto un po' di formazione random, cioè ho preso quel che mi interessava dove lo trovavo, non strettamente legato al self-publishing. Tra parentesi, da un po' uso "autoeditoria", mi sembra meno esotico anche se è meno… taggabile. Ho frequentato quindi corsi di editing, comunicazione e instabook, pubblicazione in senso stretto con i tempi cadenzati, quasi stagioni dell'editoria, e poi lettura ad alta voce, fino a quello utilissimo, per me, di ebooking, e altri che non ricordo. Da ognuno ho avuto qualcosa di utile, e lì per lì mi è sembrato anche poco, ma non è così. Poi sono entrato nel circuito di Umbria Libri con altri 15 o 20 piccoli editori umbri, tra cui altri due self, partecipando a fiere locali e internazionali, e anche qui ho avuto. La cosa utile è quella che rimane per sempre, quelle che già sapevo sono state conferme o smentite, ed è molto utile anche questo. Infine ho capito una cosa (meglio tardi che mai): tutto è utile, ma il self-publisher non è editore. Ovverosia lo fa, di sé stesso, ma non lo è, se non in misura appena sufficiente alla sua attività. Molte problematiche sollevate dagli editori non sono le mie. Prima di tutto per molti di loro è un lavoro e i conti devono tornare; per me è un lavoro i cui conti sarebbe bene che tornassero, ma non è assolutamente indispensabile. L'auto-editore è un autore che si promuove, questo sì, nei modi più consoni a chi è lui, a cosa scrive, senza per forza seguire i ritmi dell'editoria. Insomma dobbiamo trovare anche la nostra via pratica. In questa ottica ho dato corpo a quel desiderio che sentivo da tempo, ovvero di riportare questo mondo virtuale un po' a terra, con una vetrina fissa nella mia città, dove spesso mi chiedono dove trovo i tuoi libri etc. Non è solo per farglieli in effetti trovare, ma proprio perché avevo capito che la realtà della rete è parallela e distaccata, e va benissimo, ma lascia lo spazio quotidiano vuoto. Cioè la gente, per vederci, deve avere un telefono o un pc. È tantissimo, ma è poco. L'accoglienza è stata entusiastica, mi hanno fatto tanti complimenti per l'idea e ho visto volti stupefatti. Per la maggior parte delle persone quel che facciamo è fuori dalla portata, e mi sento anche sopravvalutato qualche volta. Ma evidentemente è così, nella misura in cui io ammiro un muratore che tira su un fondello o un imbianchino che misura le pennellate. Perché questo mi sento più che un artista: un artigiano, uno che ha cose da dire, e le vuole dire come dice lui, e non ha voglia di aspettare l'incontro fulminante con una CE che comprenda fino in fondo tutto ciò. Intanto sono andato avanti, ho concluso altri progetti, li ho portati al pubblico e le recensioni mi danno un riscontro faticoso ma che corrisponde alle mie aspettative: consensi grattati dal fondo dell’oceano. E posso proseguire, migliorare, trovare altre vie e altri sistemi. E quindi, l'auto-editore è qualcosa di particolare, è un auto-editore e basta, neanche a metà strada ma ha dignità propria. Ho anche una minima distribuzione umbra, e vorrei amplificarla, diciamo trovare un fiduciario in ogni regione, più o meno. Già, perché, in fiera, parlando di distribuzione e delle difficoltà che comporta per uno di noi, un editore mi ha detto (giustamente): "Ma cosa ti interessa di stampare mille copie per venderne una a Milano e due a Roma? Continua così, che ne vendi pure di più." È verissimo. Per me le vendite maggiori sono in ebook, e costruendomi una reputazione conto di aumentare il cartaceo. Altri autori, che ho incontrato a un evento organizzato da Amazon, vendono molto di più di me: c'è il genere, c'è la concorrenza, c'è il momento. Io dico, e l'ho sempre pensato, che realizzarsi non si misura con le vendite ma con l'originalità del progetto, la coerenza con i nostri propositi iniziali, la capacità di imparare. Questo può piacere a tanti o a pochi, chi lo sa? Ricordo sempre cosa disse Stravinsky a Gershwin il quale, complessato perché, secondo lui, i colleghi classicisti non lo consideravano abbastanza, andava dal primo a lezione: "Perché vuol fare del brutto Stravinsky imitato quando può fare dell'ottimo Gershwin originale"?


L'autoeditoria esiste da ben prima di internet, è sbagliato identificarla con la rete, che è solo un mezzo potentissimo a disposizione.

La sfida è trovare il proprio modo di proporsi, più che essere editore di sé stessi.

Ma non è così in ogni cosa che facciamo, in ogni iniziativa che prendiamo?

 


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