sabato 2 gennaio 2016

Nel cuore dell'oceano, ovvero le origini di Moby Dick


La baleniera Essex lascia il porto di Nantucket per un viaggio a balene, all'apice dello sviluppo di questa particolarissima caccia, e quasi all'inizio della sua fine, si può dire. La nave viene affidata al capitano Pollard, alla sua prima esperienza,
la cui già superiore responsabilità è aggravata per la parentela con alcuni dei soci finanziatori e dalla presenza nell'equipaggio di suo nipote. Pollard rivela presto di sentire il peso di tutto questo, e un presagio quasi scontato e terribile si addensa sulla spedizione. Dopo la bonaccia, arrivano le prime prede e l'atmosfera sembra rilassarsi finché, in pieno oceano Pacifico, l'incontro con un gigantesco capodoglio bianco si rivela fatale. Con feroce intelligenza, la balena affonda infatti la nave e tenta di uccidere i superstiti, come consapevole che sia necessario per la sua sopravvivenza. Prima tre, poi due scialuppe vanno alla deriva e trovano approdo momentaneo nell'isola di Henderson, uno scoglio sperduto. Tre rimangono mentre gli altri ripartono nel tentativo di raggiungere le coste del Cile. Riusciranno a prezzo carissimo: non solo saranno costretti a cibarsi dei cadaveri dei loro compagni morti di stenti, ma dovranno anche tirare a sorte per uccidere uno di loro. Il giovane Pollard finirà così la sua avventura in mare.
Al ritorno a Nantucket, il secondo ufficiale Owen Chase raccontò la storia ad Herman Melville, o lui la venne a sapere chissà come: ma fu talmente impressionato da scrivere il suo capolavoro, Moby Dick.

Avevo letto l'omonimo libro-documentario di Nathaniel Philbrick già una quindicina di anni fa, quando uscì in Italia e rimasi impressionato dal fatto che una storia come quella di Moby Dick potesse avere un fondamento. In effetti è così, e il film di Ron Howard riporta in maniera fedele i temi del libro di Philbrick, essenzialmente una cronaca, ripercorrendo la storia sfortunata dei membri dell'equipaggio e appena colorandola di avventura per non annoiare lo spettatore. La sequenza della balena bianca è spettacolare e centrale nella trama, per quanto stupefacente, ma rimane il fatto scatenante di una tragedia chissà quante volte verificatasi anche in altri contesti.

Altro è il capolavoro di Melville (da tempo mio libro-mito), in cui il ruolo del leviatano opposto ad Achab è centrale per definire la vicenda umana di ciascuno, solo di fronte al suo destino unico, padrone e vittima allo stesso tempo di un Fato indifferente e di un Sovrannaturale appena intuibile.

Il film non ha avuto molto successo al botteghino, e non me ne stupisco: chi voleva lo spettacolo è rimasto deluso dalla sola sequenza della balena; chi cercava una facile trasposizione di Moby Dick ne ha trovato solo il prodromo. Ma la pellicola è comunque da vedere.

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