Desmond Doss è un ragazzone di campagna tutto casa e chiesa, e non difetta in coraggio. Infatti, quando è il suo momento, si arruola volontario nel Reggimento Fucilieri destinato a Okinawa. L'unico problema è che,
per le sue convinzioni religiose, non accetta neanche di toccare un'arma e vuole servire come medico militare. A dispetto del disprezzo dei compagni, conquisterà, proprio su quel terribile campo di battaglia, prima la loro fiducia e poi la gratitudine di una nazione intera.
Un po' Full Metal Jacket e un po' Soldato Ryan, la metamorfosi del soldato Doss è spiegata solo nel finale da lui stesso. Le terrificanti scene di battaglia del II tempo nulla aggiungono al tema fondamentale del film: l'affermazione di se, delle proprie (giuste) convinzioni contro ogni ostacolo e pregiudizio, come se la sola consapevolezza di aver trovato la propria motivazione renda automaticamente immuni da qualsiasi rischio, anche sul campo di battaglia. Il risultato è un protagonista pacifista in una pellicola che certo non lo è, se non nelle coscienze di chi assiste alle brutali sequenze. Una battaglia interiore della stessa importanza di quella che si svolge sull'isola del Pacifico.
Poco conta l'elegia tutta americana dell'umile che diventa eroe a ogni costo: siccome la storia è autenticata, mi è impossibile pensare che, una volta tanto, Desmond Doss sia stato meno che un autentico eroe.
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