Ciao Martina, e buon lavoro! Potrei limitarmi a
sottoscrivere il post di Carla, ma potrei passare per più pigro di quel che
sono. Allora faccio qualche precisazione: andando oltre l'innato istinto di
auto-considerazione di ogni autore, istinto per il quale tende a considerare
pressoché massima la propria opera e incompetente chi non la comprende, bisogna
dire che è difficilissimo essere presi in considerazione da un editore
tradizionale. Non hanno tempo, hanno troppe opere di emergenti (Sellerio ne
riceve circa tre al giorno, e risponde a tutti), non possono dedicare il tempo
che dovrebbero a trovare chi lo meriterebbe. Cinque, dieci minuti a testa,
l'incipit, o due capitoli a caso, o solo il finale, e a chi va va. Vogliamo poi
andare a vedere chi e come fa questo lavoro? Non è semplice, non li invidio.
L'ho scritto da poco in un post nel mio blog: il self-publishing è una specie
di Terra Promessa, una Rivoluzione Copernicana, democratica e liberatoria. Ora
sì che questi sconosciuti talenti possono far vedere quello che valgono: in 24
ore la loro opera diventa pubblica (con Amazon) in 107 paesi! E lo devono far
vedere, come dice Carla: dipende -quasi- tutto da loro, com'è giusto che sia.
Onori e oneri. Personalmente credo sia l'occasione della mia vita. Non avrei
potuto farlo da solo, difficilmente sarei riuscito a pubblicare i quattro
titoli che ho attualmente in catalogo se questo nuovo sistema non fosse stato
inventato. Da americanista collaudato, mi fa ancora più piacere essere stato confortato
nelle mie convinzioni: cioè che una cosa così, e così funzionante, potesse
venire solo dalla Terra delle Opportunità, dove mentalità e azioni sono slegate
da ogni zavorra. Il fatto di trovarmi, oltre che scrittore, anche editore, è
una vera rivelazione, oltreché uno stimolo entusiasmante!
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