lunedì 30 dicembre 2013

Self-publishing: perché sentirsi scrittori non equivale a esserlo


(link all'articolo del Corriere.it a fondo pagina)

Tanto per cominciare, mi piace dire la mia proprio grazie alla rete senza la quale, appunto, non potrei farlo! Per anticipare una risposta: e se non è democrazia questa... ma andiamo per argomenti:

1. la fuga dal giudizio è un'illusione dell'editoria tradizionale nei nostri confronti: quanti best-sellers fanno proprio ridere, e non perché siano comici! Il giudizio per noi self-pub'er è quello sovrano del pubblico che è attentissimo e non ti perdona  nulla: ti sceglie tra migliaia di altri e si vendica con recensioni al curaro se si sente tradito nelle aspettative.

2. Ricordo gli argomenti con cui prima il sonoro del cinema, poi il colore, poi la tv, venivano snobbati dagli ortodossi conservatori. Vorrei avvisarli: il mondo va avanti, esiste anche l'innovazione, cioè l'uso di mezzi nuovi. Una volta per libro si intendeva la Bibbia e poco più, oggi è un'altra cosa, cosa diventerà lo vedremo. Una cosa non mancherà mai: i lettori, quelli che cercano storie, empatie con chi ragiona, pensa, si emoziona come ciascuno di loro. La libido scrivendi è più diffusa tra i giornalisti che tra gli scrittori, c'è da giurarci. Se in tutto questo un autore riesce a comunicare anche con un solo lettore, beh, complimenti, la sua opera non è stata inutile.

3. Vogliamo parlare di editing? È vero, è difficilissimo fare tutto da soli. Ma non lo siamo affatto: ci sono persone intorno a noi che ci aiutano a curare ogni aspetto, e non è detto che i risultati siano disprezzabili. Quanti refusi in quante pubblicazioni di note, notissime case editrici ci è capitato di notare!

4. Pubblicare è un diritto come lo è la libertà di pensiero. Chiunque abbia qualcosa da dire ha il diritto di farlo, e non è un caso che il self-pub provenga da quel paese dove la libertà di espressione è posta alla base del sistema.

5. Sentirsi scrittori non equivale a esserlo, così come sentirsi giornalisti. Il talento va allenato in qualsiasi settore e non è che facendo da soli non si compiono grossi sacrifici. Esiste la grande distribuzione e la pasticceria artigianale, così come la versione cartacea auto-pubblicata.

La citazione di Stefano Mauri potrebbe anche essere offensiva, se non provenisse da una persona che ha costruito la sua vita all'interno dell'editoria tradizionale. È quasi come chiedere al migliore dei self-pub'ers cosa pensi di quest'ultima. Quasi, perché noi non abbiamo un pregiudizio atavico nei confronti degli editori, ma solo esperienza.

Self-publishing: perché sentirsi scrittori non equivale a esserlo

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