Un pianista motivato, Sebastian, e un'aspirante attrice demotivata, Mia, si incontrano e si innamorano. Troveranno ciascuno la propria strada e si lasceranno, come nelle migliori storie d'amore,
ma non prima di aver colmato per sempre l'uno la vita dell'altra.
ma non prima di aver colmato per sempre l'uno la vita dell'altra.
Sembra tutto qui, ma non è affatto poco. I protagonisti sono eccelsi nella loro semplicità, interpretando i numero di ballo e le canzoni nella miglior tradizione hollywoodiana come personaggi comuni quali sono. La realtà e la fantasia si mischiano e, in uno scambio continuo, si entra e si esce dal sogno. Bella la musica, belli i numeri e fantastica la scenografia, con citazioni continue dei classici minnelliani: dai colori vivi, all'arrivo in città, al marinaio innamorato, per finire nell'ultimo numero che è un vero e proprio omaggio a "My love is here to stay" di George Gershwin, il celebre ballo sulla passeggiata della Senna di Leslie Caron e Gene Kelly in "Un Americano a Parigi". Perfino l'ultimo titolo di coda ("The End", "La La Land", "a Universal Release") è una citazione del cinema degli anni cinquanta.
Ma definirlo film musicale è un po' riduttivo, a mio modesto parere: non è una semplice favola musicata la cui trama è necessaria a riempire lo spazio tra i numeri e le canzoni, né una (sola) rivisitazione del genere; questa è una vera storia drammatica, nella quale i protagonisti lottano da subito contro le proprie mancanze e i propri conflitti, fino a raggiungere ciò a cui ognuno aspirava, pagandone il prezzo.
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