martedì 7 aprile 2015

1992, finalmente un'opera coraggiosa


Sono felice di potermi smentire: ho sempre sostenuto che in Italia non si riuscisse a produrre qualcosa di adulto, cioè una fiction con personaggi anche politicamente scorretti, e/o anche coraggiosa, cioè che andasse a toccare -non dico attaccare, ma almeno toccare- anche argomenti scottanti come la corruzione politica.

Non che siano mancati esempi in passato di cinema coraggioso in questo senso, ma troppo spesso queste opere sono relegate all'iniziativa di pochi produttori, artisti, registi che legavano quel tentativo attingendo a risorse umane molto personali di convinzione e temerarietà, magari rischiando di lavorare in futuro poco, o meno, o a meno.
Oggi, "1992" è l'ultimo, nel senso del più recente, tentativo, e riassume in sé ogni cosa positiva appena accennata sopra.
Prima di tutto è una produzione indipendente che coinvolge una Casa (Sky) più che un gruppo di persone, e spero che in Rai riescano a cogliere l'importanza di saper andare oltre i luoghi comuni per produrre qualcosa al tempo stesso coinvolgente e socialmente utile, abbandonando o superando almeno in parte le produzioni rassicuranti e buoniste. Forse a Mediaset sono più coraggiosi, ma anche più aziendalisti, e a loro era difficile chiedere un impegno del genere.


Poi la questione della recitazione, sempre abbastanza carica e affettata nelle fiction nostrane ma sopravanzata, questa volta, dall'importanza della trama, che non lascia ai singoli attori il peso del successo dell'opera.
Gli argomenti importanti sono attaccati a trattati come meritano e lasciano pochi dubbi all'immaginazione dello spettatore su come certi complotti politici, economici, delinquenziali, si possano sviluppare. Contano poco gli espedienti narrativi delle intense motivazioni personali dei personaggi inventati, come il Poliziotto Buono e quello Cattivo, la Soubrette Generosa e il Cattivo Pubblicitario: non sono Macchiette più di quanto non lo siano quelli veri e, soprattutto, servono solo a dare il La alla Grande Cattiveria di un sistema cinico concepito solo per l'utilità di pochi e spietato con chi non riesce a rimanere in sella. E via con le citazioni irrispettose, da Craxi a Berlusconi e Dell'Utri; Publitalia, passando per Mariotto Segni, e poi Forza Italia e Lega Nord: non manca nessuno, e tutti hanno qualcosa di negativo da mettere in mostra. È vero, la Missione in Iraq non c'era nel 1992, ma non c'è qualunquismo né pochezza nel rappresentare uomini d'affari senza scrupoli, ammaliati dal denaro e dal potere ma anche coinvolti nei loro aspetti familiari come persone comuni. Non sono personaggi macchiettistici anche se tratteggiati a poche tinte fosche: in qualche modo erano motivati, in qualche modo corrompevano, in qualche modo guadagnavano e quindi bravi i ragazzi di Sky a saper portare in scena ogni protagonista di quella brutta pagina, senza esagerare ma senza risparmiare nulla.



Perché questo sono stati, e sono ancora oggigiorno, coloro che corrompevano e coloro che si facevano corrompere: persone comuni prese nel vortice del loro tratto terreno, più o meno ricco, più o meno fortunato, più o meno scellerato, ma sempre comunque conseguenza diretta non solo di vanità e avidità, ma della loro incapacità di fare la scelta giusta.
Non è obbligatorio essere delinquente, lo diventa se un sistema articolato ti costringe a bere o annegare. Ma qui non si arriva neanche a questo giudizio morale, forse assolutorio o forse perché creerebbe, in parte, un alibi: semplicemente non interessa, perché interessa solo far vedere cosa succede, e come succede, e chi si muove sul palco di una tragicommedia in cui i protagonisti sono sempre gli stessi, come maschere.


Complimenti a tutti gli autori, quindi, e a Stefano Accorsi, convincenti la sua interpretazione e il suo personaggio: la serie è accreditata come una sua idea ed è veramente una buona idea.

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