My rating: 5 of 5 stars
Il giovane Giuda Ben-Hur, ricco, bello e nobile e addirittura discendente della casa di Davide, per una cattiva amicizia giovanile e una tegola galeotta, cade in disgrazia. Dovrà resistere anni prima di tornare ancor più ricco e affascinante,
e riavere dal destino tutto, e di più, di ciò che gli era stato ingiustamente rubato.
Una storia biblica di perdita e redenzione, un romanzo di rara efficacia e potenza: questa è la prima impressione.
Fin da bambino rimasi impressionato dalla percezione di questa storia straordinaria, eco del famoso e pluripremiato film di William Wyler. Ci sono voluti anni per comprendere che non era stata la corsa delle bighe a colpirmi: non solo, almeno, anche se a lungo fu un efficace velo.
Cresciuto in una società che già imponeva oltremisura l'apparenza alla sostanza, percepivo la profonda motivazione di questo ebreo (quando non sapevo cos'erano) dal nome maledetto, che rifiutava tutto ciò che non derivasse dalla sua fede, tutto ciò che non fosse giusto, cioè; anche a onta di qualsiasi ricchezza ne fosse potuta derivare.
In una parola: rifiuto dell'idolatria come fiducia in sé e nei propri mezzi, anche davanti allo spettro delle terribili galere romane. E la ricompensa è una sola, frutto di tanto impegno e della giusta convinzione: Giuda torna ancora più ricco.
L'ottica profondamente cristiana di Wallace trova un felice compromesso, oggi si direbbe politicamente corretto, tra il radicale giudaismo di Ben Hur e il suo evolversi in cristianità. Non appare forzato, in definitiva, perché quelli che oggi consideriamo già cristiani non erano altro che ebrei di differenti convinzioni, come ebrei sono tutti i personaggi principali e chi conosce un po' di ebraismo sa che le posizioni sono in realtà incompatibili, perché un uomo non può essere il figlio di Dio neanche se profetizzato come tale.
Ci sono alcune sequenze meno note, come un attentato alla vita del giovane da parte di Messala prima della celeberrima gara e un flirt con la figlia del Magio Baldassarre, egiziana e pagana come più non si può.
Ben Hur vive perdita, tentazione e rinascita come e più di Mosè e Gesù Cristo stesso, perché fa una fine del tutto diversa, sempre messo a rischio e al tempo stesso salvaguardato dalle sue stesse convinzioni.
Necessaria la descrizione del quadro politico della Giudea al tempo delle Venuta, molto importante svelare le motivazioni dei singoli Magi, sorprendente (per chi ha in mente solo la pellicola) la descrizione del giovane Giuda, buono eppure bellicoso e, soprattutto, "unto" come nella tradizione dei migliori figli di Israele, come tutti vorrebbero sentirsi.
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