Mi ero già occupato della prima serie di questa bella opera a puntate appena andata in onda su Sky: sto parlando di "1993", la fiction che rimette sul palcoscenico tutti, o quasi, i protagonisti di quella vorticosa stagione.
Fu rivoluzione? Probabilmente no, però diedero una bella ramazzata e spostarono molti tappeti. La seconda serie sposa più il thriller della denuncia, ma non tralascia di mettere il dito sulla piaga della corruzione diffusa anche se ci lascia con un finale amaro.
Non c'è soluzione alla questo sistema, sembrano dirci alcuni protagonisti, perché gli uomini sono marci; c'è soluzione invece, suggeriscono altri, perché ci siamo anche noi, i buoni, quelli che ci credono, che non mollano, che comunque agiscono solo con la buona fede e percorrono strade impensabili che infine li portano a essere decisivi come e più dei cattivi.
E via, da Berlusconi che prepara la discesa in sottofondo, a Craxi che trasforma lo scranno del testimone del Tribunale di Milano in un pulpito per il suo personale J'accuse, semplice, sincero, appassionato: tutti sapevano, tutti, e voi ve la prendete con me.
Oggi questa affermazione suona vera, verissima, e molto dura con noi cittadini per primi perché allora era impossibile, o troppo difficile, non farsi trascinare dall'ondata giustizialista.
Le cose non sono cambiate molto dai tempi di Dreyfus e della Colonna Infame di manzoniana memoria: il popolo si infiamma, scende in piazza con i forconi e triste chi capita dalla parte sbagliata.
Una lode agli sceneggiatori per ciascuno dei protagonisti inventati, per quelli verosimili e per quelli... veri, sia per il già ricordato coraggio, che per la suggestiva evoluzione di ciascuno di essi sullo sfondo mai dimenticato della politica e della real-politik, senza cedere a facili giudizi: ognuno compie la sua personale parabola, e c'è chi discende all'inferno, chi ci rimane e chi ne esce.
Complimenti a tutti, e a Stefano Accorsi per primo, visto che è accreditato come ideatore.
E ora, aspettiamo il... 1994?
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