Un giovane Roberto Saviano si inventa giornalista d'inchiesta e per anni gira in Vespa per le strade di Napoli, accorrendo nei luoghi dei delitti più efferati, per documentare con "i suoi stessi occhi" la realtà del fenomeno criminale comunemente noto come Camorra.
L'incredulo lettore è avvinto nella descrizione minuziosa dei traffici illegali e dei numerosissimi e spietati omicidi, tanto da non poter fare a meno di andare avanti, pagina dopo pagina, fino alla fine.
È la stessa sensazione che si prova nel guardare le omonime serie tv, resa però tragicamente più amara dal fatto che non c'è neanche la più blanda consolazione nel pensare che si tratti di storie inventate.
Infatti, è tutto tremendamente vero, e anche di più: ciò che lascia di sasso il lettore sommariamente informato, infatti, non è la sequela di delitti né il commercio di spaventose quantità di droga (si parla sempre di tonnellate), ché anche i più sprovveduti sanno che le bande criminali ammazzano e spacciano, figurarsi quelle organizzate.
Neanche scoprire come le ingentissime somme, degne di una manovrina, siano investite con tecniche raffinate in mezzo mondo, da Aberdeen, Scozia, fino a New York, ché ce lo possiamo immaginare che da qualche parte tutto quel denaro debba pur finire, è in fondo così strabiliante ai nostri occhi.
No, la cosa terribile e irrversibile è scoprire che la commistione è talmente forte ed estesa che forse gran parte del Sistema Italia si regge su di essa.
Una conclusione esagerata? Vediamo: come si può definire diversamente il fatto che il ciclo produttivo dell'alta moda italiana, sì, quel settore trainante oltre ogni crisi, inizi qui, con il lavoro nero di migliaia di persone e un meccanismo di aste e appalti, si fa per dire, attribuiti in maniera tanto rudimentale quanto perfettamente efficace nei metodi e nei risultati? E come si può spiegare che i capi costosissimi destinati alle boutique più eleganti siano identici ai loro cloni illegittimi, nella consapevolezza di tutta la filiera? Come dice un mio disincantato amico napoletano: non lo sai, non lo puoi sapere se quello che compri è vero o falso. Ancora: come si può altrimenti giustificare che l'industria del nord-est sia competitiva solo perché riesce a contenere i costi degli smaltimenti grazie a metodi delinquenziali? E perchè molti boss si considerano imprenditori a tutto tondo? Forse perché è quello che fanno.
Tutto questo, e peggio ancora, è tratteggiato a tinte forti nel libro di Saviano. Non è un libro-inchiesta, quindi, nei tribunali non può contare nulla. Come Saviano stesso ammette, lui non ha svelato nulla che non si sapesse: però il suo libro ha permesso al grande pubblico di accedere a informazioni e fatti di cronaca connessi come mai prima, con un linguaggio chiaro e lineare che lascia pochi dubbi. È Saviano stesso a sostenere che non è sotto scorta per quello che ha scritto, ma perché tutti lo hanno letto.
In passato, non avendo ancora letto il libro considerandolo, appunto, un mero fatto di triste e risaputa cronaca criminale, mi ero domandato per quale motivo argomenti così trattati, visto il successo dei serial, fossero più adatti alla fiction che alle aule di giustizia.
Ebbene, mi sono risposto da solo: questo libro esce, anche, dalle aule di giustizia, dalle migliaia di pagine di verbali dell'incessante lavoro degli inquirenti. Non è necessario quindi che fornisca prove affinché il nostro giudizio di cittadini si formi. Il resoconto di Saviano rende tridimensionale un mondo criminale che ci circonda molto, ma molto più di quel che avremmo potuto pensare prima, credendo che la camorra e gli ultimi omicidi orecchiati al tg fossero solo l'ennesimo fatto di cronaca di quartieri di disadattati e lontani a sufficienza dalla nostra più superficiale realtà.
Nessun commento:
Posta un commento