domenica 14 maggio 2023

Via col vento, Margareth Mitchell


Credo fosse il 1978 quando, al Teatro Comunale, andai, da solo, a vedere "Via col vento" (1939). Come tutti i sempreverdi, veniva rimesso in circolazione forse in carenza di programmazione.

Il giorno dopo lo raccontai a scuola, facevo la III Media, cercando negli sguardi degli altri la condivisione almeno di parte del mio entusiasmo, ma trovai poco interesse e forse anche un po' di compassione (mi successe di nuovo qualche anno dopo anche con "Ben Hur").
Io ero stato attratto istintivamente da tutto quel che trapelava dalla locandina principale (quella gigante disegnata che, a differenza delle piccole con le sequenze, non veniva restituita): un capolavoro ambientato in un periodo storico (la Guerra di Secessione), in un posto (l'America del'800), già di per sé nel mito, in più prodotto nella mecca del cinema, con protagonisti ineguagliabili (la sequenza dell'incendio di Atlanta fu filmata dando fuoco al set di "King Kong" e non sarebbe stato possibile ripeterla).
Una pellicola dal fascino unico predestinata all'eternità.
Non è stato così per il romanzo omonimo da cui era tratta (1936), scempiato da una edizione che è oggi una testimonianza storica del razzismo, e dalla censura del 1937.
Ma dal 2020 è disponibile nella nuova traduzione (edito da Neri Pozza) che finalmente rende giustizia a Margareth Mitchell e forse anche a quel mondo spazzato via... dal vento. Non c'è più nulla di banale e scontato: senza "negri" e "badroni" né... "Carli" e "Rosselle", i personaggi vivono le loro assolute diversità, e il film perfetto ne diventa così "solo"... un riassunto sontuoso.
Un romanzo corale, in parte di formazione, in parte storico, epico, e chi più ne ha più ne metta, che scorre via dalla prima all'ultima pagina (1195, più la puntuale prefazione) senza un attimo di stanchezza.
Su tutto, la protagonista assoluta è lei, Scarlett, femminista ante-litteram è sottovalutarla, una bambina viziata e risoluta dal carattere indomabile, egoista ma generosa, passionale ma razionale, machiavellica e bugiarda ma sincera: un personaggio che non risente dell'età, che scardina ostacoli o cambia strada e, per questo, ce la fa contro tutto e tutti.
È lei a portare i pantaloni per tutta la storia ma, detto ancora meglio, è lei a portare... la gonna!
Margareth Mitchell era una donna del Sud e si capisce a chi vanno le sue simpatie, ma dà una visione più ampia e non priva di critiche, accennando a questioni più complesse di come ci sono state tramandate, quali il Ku Klux Klan, che diventa Resistenza, e lo schiavismo, la ricostruzione e l'"occupazione" dei Repubblicani (i Nordisti) alla fine del conflitto, un'epoca di "volgarità appariscente e arrogante" contrapposta a quella elegante e tradizionale, ma fragile, del Sud prima del disastro.
Ma per me al cinema, e nei romanzi, "vince la leggenda", e quindi abbandoniamoci all'immaginario senza chiederci se sia in effetti esistito, e alle perle di saggezza di protagonisti e comprimari:
Il viatico:
"Guai a chi piagnucola perché la vita non è esattamente come se la sarebbe aspettata!"
L'invidia:
"L'unica colpa di Scarlett è di essere donna e ottenere ottimi risultati."
Le critiche:
"Essere opportunisti è considerata una cosa vergognosa, soprattutto da chi ha avuto le stesso opportunità e non ha saputo coglierle."
Come conquistare una donna:
"Non posso passare la vita a corteggiarvi tra un marito e l'altro."
La priorità:
"Tutto è perduto, fuorché l'onore."
E su tutte, la massima eterna:
"Non ho voglia oggi, ci penserò domani. Domani è un altro giorno."
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